MAURIZIO VANNI

GIORGIO CONTA SCOLPIRE UN TERRITORIO


In sociologia e in antropologia il concetto di identità si riferisce alla concezione che un individuo ha di se stesso in relazione alla società in cui vive.

Potremmo perciò definire l'identità come uninsieme di caratteristiche peculiari che rende una persona unica e inconfondibile in un preciso contesto e in un determinato momento storico.

Se proiettiamo questo concetto sulla storia e sulle metamorfosi stilistiche ed espressive di uno scultore l'argomento si complica un po'.

Solitamente l'artista ha una doppia identitò: quella connessa alla parte più profonda del proprio sè, ovvero l'emisfero destro del proprio cervello che lo porta a non temere il non visibile e i fuori pista emozionali. La seconda identità, forse meno consapevole, riguarda il suo spirito di appartenenza al luogo che rappresenta la sua genesi.

Giorgio Conta è un artista che non si è mai nascosto dietro i suoi lavori, che non ha mai approfittato della globalizzazione per definirsi un figlio legittimo del mondo, ma che ha sempre ostentato con sereno orgoglio la sua provenienza e il suo amore per quel territorio trentino che, oltre alle innumerevoli ricchezze, vanta una tradizione scultorea lignea unica al mondo. Conta è figlio della propria terra: dal generoso ricorso al legno alla molteplicità stilistica della sua plastica (possibile riferimento alla pluralità dei paesaggi del trentino), tutto conduce a scoprirlo nel suo contesto geografico. Molte delle sue figure, ad esempio, potrebbero essere riferite alle articolate cartografie delle montagne ed alcuni cambi di ritmo nel lavorare la materia non possono non ricordarci che la provincia di Trento è da sempre un territorio di confini culturali, sociolinguistici e geomorfologici.

I suoi lavori ci sorprendono per la loro duttilità, per la loro semplice complessità, per il desiderio di rappresentare un qui e ora al tempo stesso reale e ideale, per la capacità di rendere protagonisti elementi del tuttotondoche solitamente si ritengono decorativi. Non dobbiamo farci ingannare dallo sguardo perso nel vuoto dei suoi personaggi: il suo mondo si mantiene sempre in equilibrio tra due dimensioni e la visione si perde all'infinito perchè la mente non abbandona mai la relazione con il finito.

In questa sua mostra personale fa la sua apparizione quella che potremmo definire scultura funzionale nella quale la libertà espressiva viene messa a servizio di un oggetto artistico connotato dal possibile utilizzo nella quotidianità (una seduta per più persone). Un lavoro di meta-design che apre le porte al bello e all'unico entrando nella vita di tutti i giorni di un museo, di un luogo pubblico o di un abitazione privata. Una nuova sfida che si fa largo nel mercato dell'impero dei sensi.